L’allarme arriva
direttamente dalla Società di Pediatria: chi sta su internet più di 3 ore al
giorno mangia peggio, fuma e beve di più, legge meno, va peggio a scuola e fa
meno sport.
L’eccesso di Internet influisce negativamente sugli adolescenti,
peggiorando anche su comportamenti ed abitudini non direttamente collegate
all’uso della Rete.
Lo dice l’Osservatorio
della Società Italiana di Pediatria nello studio su Abitudini e
stili di vita degli adolescenti italiani, che indaga annualmente,
dal 1997, un campione nazionale di adolescenti che frequentano la terza media
(12-14 anni). Gli adolescenti che navigano su Internet per più di 3 ore al
giorno (21,3% del totale – dato 2012) mangiano peggio, sono più inclini al
rischio, fumano e bevono di più, leggono di meno, hanno un rendimento
scolastico inferiore, hanno comportamenti sessuali più “adultizzati”, praticano
meno sport e lo fanno con un atteggiamento molto più orientato alla vittoria
che alla pratica ludica. Vorrei attirare la vostra attenzione sulla tabella
che segue, pubblicata dal giornale la Stampa, che traduce dei problemi in dati
realistici, dedicate almeno 20 sec che possono aiutare, non perdete il vostro
tempo , forse verrà arricchito.
Il rapporto Sip è stato
diffuso a Bologna in occasione del 69mo Congresso Nazionale della Società
Italiana di Pediatria. Cresce la fruizione di Internet (che ormai più essere
considerata universale in quella fascia d’età); cresce la fruizione quotidiana
(riguardava il 42% nel 2008 oggi riguarda oltre il 70%); cresce la percentuale
di ragazzi e ragazze che passa in rete più di 3 ore al giorno (8,6% nel 2008;
21,3% nel 2012). Per non parlare di Facebook, inesistente tra gli adolescenti
nel 2008, sul quale oggi ha un proprio profilo circa l’80%.
Ma c’è un altro dato che
preoccupa: «La fruizione sempre più massiccia di Internet e, quindi, la sempre
maggiore conoscenza dello strumento – commenta Maurizio Tucci, curatore delle
indagini SIP e Presidente della Associazione Laboratorio Adolescenza – invece
di indurre i giovani utenti ad atteggiamenti più consapevoli e quindi più
prudenti, li spinge ad assumere comportamenti sempre più liberi e trasgressivi
. In ciò si evidenzia quanto sia carente
una adeguata formazione ed informazione, da parte degli adulti di riferimento,
su un corretto utilizzo del mezzo».
(*) per “sconosciuto” si
intende un interlocutore col quale si è entrati in contatto solo attraverso
Internet
«Questi dati ci mostrano
una parte di adolescenti che vuole crescere in fretta e che desidera
legittimamente travalicare i limiti,
come accade fisiologicamente in questa fase della vita, ma in realtà senza
un’autentica maturazione interiore, perché crescere vuol dire vivere emozioni
crescenti che, al contrario, nel mondo del web sono in qualche modo schermate»,
spiega Federico Tonioni, Responsabile del Centro per le Dipendenze da Internet
del Policlinico Gemelli di Roma. “Non si tratta comunque di situazioni
patologiche. Il problema nasce quando
la vita in Rete non è più in funzione della vita reale ma diventa una realtà
esclusiva e non il frutto di una scelta”.
L’alto livello di
interattività che caratterizza anche la televisione rende il tempo di fruizione
quasi interminabile e quando un bambino “non si vede e non si sente”, viene a
mancare prima di tutto nella mente dei genitori, che in quel momento non lo
pensano. Se condizioni del genere diventano la norma, si complica quel
rispecchiamento emotivo fondamentale per crescere armonicamente e che
rappresenta la base della nostra identità e della capacità di sostenere le
relazioni con gli altri. I bambini non hanno bisogno di essere guardati, ma
piuttosto di essere ’visti’ e quindi considerati. La prevenzione inizia fin
dall’ origine e spetta agli adulti coltivare la relazione emotiva che ogni
bambino chiede.
Lo specialista sostiene
anche che sarebbe importante incoraggiare i genitori a porre limiti a certi
comportamenti , perché di fatto questo significa essere presenti e aiuta i
figli a riconoscere i propri confini. Soprattutto
in adolescenza il conflitto rappresenta una delle forme più autentiche di
comunicazione tra genitori e figli, mentre l’alternativa potenzialmente più
dannosa è la compiacenza.