martedì 31 dicembre 2013

La libertà è così bella!!!!!!!!!!!

L’allarme arriva direttamente dalla Società di Pediatria: chi sta su internet più di 3 ore al giorno mangia peggio, fuma e beve di più, legge meno, va peggio a scuola e fa meno sport.
L’eccesso di Internet influisce negativamente sugli adolescenti, peggiorando anche su comportamenti ed abitudini non direttamente collegate all’uso della Rete.
Lo dice l’Osservatorio della Società Italiana di Pediatria nello studio su Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani, che indaga annualmente, dal 1997, un campione nazionale di adolescenti che frequentano la terza media (12-14 anni). Gli adolescenti che navigano su Internet per più di 3 ore al giorno (21,3% del totale – dato 2012) mangiano peggio, sono più inclini al rischio, fumano e bevono di più, leggono di meno, hanno un rendimento scolastico inferiore, hanno comportamenti sessuali più “adultizzati”, praticano meno sport e lo fanno con un atteggiamento molto più orientato alla vittoria che alla pratica ludica. Vorrei attirare la vostra attenzione sulla tabella che segue, pubblicata dal giornale la  Stampa, che traduce dei problemi in dati realistici, dedicate almeno 20 sec che possono aiutare, non perdete il vostro tempo , forse verrà arricchito. 


Il rapporto Sip è stato diffuso a Bologna in occasione del 69mo Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria. Cresce la fruizione di Internet (che ormai più essere considerata universale in quella fascia d’età); cresce la fruizione quotidiana (riguardava il 42% nel 2008 oggi riguarda oltre il 70%); cresce la percentuale di ragazzi e ragazze che passa in rete più di 3 ore al giorno (8,6% nel 2008; 21,3% nel 2012). Per non parlare di Facebook, inesistente tra gli adolescenti nel 2008, sul quale oggi ha un proprio profilo circa l’80%.
Ma c’è un altro dato che preoccupa: «La fruizione sempre più massiccia di Internet e, quindi, la sempre maggiore conoscenza dello strumento – commenta Maurizio Tucci, curatore delle indagini SIP e Presidente della Associazione Laboratorio Adolescenza – invece di indurre i giovani utenti ad atteggiamenti più consapevoli e quindi più prudenti, li spinge ad assumere comportamenti sempre più liberi e trasgressivi . In ciò si evidenzia quanto sia carente una adeguata formazione ed informazione, da parte degli adulti di riferimento, su un corretto utilizzo del mezzo».  

(*) per “sconosciuto” si intende un interlocutore col quale si è entrati in contatto solo attraverso Internet 



«Questi dati ci mostrano una parte di adolescenti che vuole crescere in fretta e che desidera legittimamente travalicare i limiti, come accade fisiologicamente in questa fase della vita, ma in realtà senza un’autentica maturazione interiore, perché crescere vuol dire vivere emozioni crescenti che, al contrario, nel mondo del web sono in qualche modo schermate», spiega Federico Tonioni, Responsabile del Centro per le Dipendenze da Internet del Policlinico Gemelli di Roma. “Non si tratta comunque di situazioni patologiche. Il problema nasce quando la vita in Rete non è più in funzione della vita reale ma diventa una realtà esclusiva e non il frutto di una scelta”.
 L’alto livello di interattività che caratterizza anche la televisione rende il tempo di fruizione quasi interminabile e quando un bambino “non si vede e non si sente”, viene a mancare prima di tutto nella mente dei genitori, che in quel momento non lo pensano. Se condizioni del genere diventano la norma, si complica quel rispecchiamento emotivo fondamentale per crescere armonicamente e che rappresenta la base della nostra identità e della capacità di sostenere le relazioni con gli altri. I bambini non hanno bisogno di essere guardati, ma piuttosto di essere ’visti’ e quindi considerati. La prevenzione inizia fin dall’ origine e spetta agli adulti coltivare la relazione emotiva che ogni bambino chiede.
Lo specialista sostiene anche che sarebbe importante incoraggiare i genitori a porre limiti a certi comportamenti , perché di fatto questo significa essere presenti e aiuta i figli a riconoscere i propri confini. Soprattutto in adolescenza il conflitto rappresenta una delle forme più autentiche di comunicazione tra genitori e figli, mentre l’alternativa potenzialmente più dannosa è la compiacenza.

domenica 29 dicembre 2013

Genitori...all'avanguardia!!

Di fronte ai nostri figli spesso ci troviamo impreparati e non sappiamo come affrontare le nuove sfide che ci presentano tutti i giorni. Abbiamo così pensato di riportarvi 6 regole base da seguire per riuscire ad instaurare un giusto rapporto con i propri ragazzi e affrontare positivamente quel tanto temuto cambiamento: l'adolescenza.
Ecco a voi i nostri consigli:

Comunica con i tuoi figli:
Parlagli dei rischi legati alle nuove tecnologie, senza dare per scontato che li conoscano già. Ma non solo. Comunica su tutto. Un minore che sa gestirsi bene online, spesso ha avuto un buon dialogo con i propri genitori sui temi più importanti della crescita: l’educazione sessuale, come relazionarsi con gli altri, come saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. Anche “le regole” dovrebbero essere il risultato di un rapporto comunicativo tra te e loro. Stabilire insieme la quantità di tempo che si può rimanere connessi, come usare i Social Network è un modo per responsabilizzare i nostri figli, oltre che confrontarsi sui tanti temi collegati.

Cerca di essere un buon esempio:
Più il tuo rapporto con le tecnologie sarà sano ed equilibrato, più la stessa cosa succederà ai tuoi figli. Perché quando parliamo di educare, niente è più potente dell’imitazione. I tuoi figli ti studiano, ti imitano senza che te ne renda conto. Pensi di navigare in modo sicuro? Rispetti sempre la privacy delle altre persone? Sai prendere il meglio da Internet o navighi solo per passare il tempo?

Informati su cosa fanno:
Dovresti sempre essere al corrente di cosa fanno i tuoi figli, chi frequentano, cosa gli piace. Su Internet, così come nella vita reale. Solo così potrai valutare, ad esempio, se stanno investendo troppo nella tecnologia, e non hanno abbastanza amici o interessi nella vita “reale”. Anche se c’è un equilibrio, dovresti comunque informarti su che siti frequentano, come gestiscono i loro profili, se conoscono persone nuove, se sanno gestire la propria privacy. Certo, senza invadere mai il loro campo, e a seconda della loro età e maturazione. Se sono già abbastanza grandi dovresti muoverti con discrezione, senza spiarli, navigando insieme ogni tanto, condividendo interessi comuni online.

Aiutali a capire il valore della privacy:
Nella nostra società, la privacy è sempre più importante e coinvolge tanti aspetti della nostra vita, dal rispetto degli altri al diritto a un’intimità personale. Per questo è un concetto chiave nella navigazione sicura, così come per l’educazione dei tuoi figli. Approfittane. Stabilite insieme cosa si può inviare/postare/condividere online e cosa no. Spiegagli il perché. Fagli vedere che c’è anche una legge che regola la privacy e vari modi per difenderla da chi vuole violarla.

Tieniti aggiornato:
Forse non vuoi diventare un “esperto” di computer, ma si tratta del mondo dei tuoi figli e quindi ti conviene informarti almeno sulle nozioni tecniche di base e aggiornarti. Se ancora non ne sai nulla, cerca di capire il più possibile il mondo dei Social Network: è molto probabile che investano parte delle loro energie e dei loro affetti lì dentro. Magari approfittane per navigare insieme a loro. Apriti anche tu un profilo, studia bene come impostare la privacy.

Stimola i loro interessi:
Aiutali a prendere il meglio da Internet, segnalagli siti per crescere, studiare o soddisfare una loro curiosità. Ma anche, e soprattutto, stimolali a trovare interessi fuori dalla Rete: musica, sport, volontariato, amici, arte. C’è tutto un mondo, lì fuori, che è ancora più ricco di cose. Internet dovrebbe essere lo strumento “integrativo” che aiuta a coltivare le proprie passioni nella vita “reale”: condividendo informazioni con chi ha lo stesso interesse, scoprendo nuove attività, nuove emozioni, nuove esperienze.

sabato 28 dicembre 2013

Lo sapevate che........

La situazione in Italia per quanto riguarda la problematica del gioco patologico è ormai conosciuta ma non sempre approfondita in modo adeguato, con l’obiettivo di inaugurare una campagna di prevenzione e non soltanto di cura. È interessante quindi valutare e confrontare la nostra situazione con quella degli altri Paesi, infatti ricerche condotte in Inghilterra, Spagna, Nuova Zelanda, Canada, USA, riportano in modo concorde tutte gli stessi risultati percentuali, cioè che la maggior quantità di giochi a disposizione (sia come numeri che in termini di possibilità di accesso temporale) è direttamente proporzionale ad aumento del numero di popolazione che perde il controllo del gioco e che diventa giocatore problematico o patologico. Negli altri Paesi a differenza dell’Italia, vengono fatti molti più studi e ricerche, mentre il nostro Paese rimane in una situazione di svantaggio e risulta arretrato, sull’ argomento,  rispetto ad altri. Per questo motivo vorrei parlarvi e mettervi al corrente dell’esistenza di un progetto, che forse alcuni conoscono, ne hanno già sentito parlare, oppure non sanno in nessuno modo di che cosa si parla,ecco qui un modo per darvi più informazioni.  È un progetto importante che utilizza una metodologia e un’ approccio al problema innovativa. Si chiama Fate il vostro gioco.
Il progetto si fonda su un ampio studio della matematica del gioco d’azzardo, completamente originale, condotto da Paolo Canova e Diego Rizzuto, un matematico e un fisico torinesi. Il progetto nasce nel 2009 grazie a una mostra dedicata alla matematica del gioco d’azzardo, e da allora si è sviluppato trasformandosi in molte diverse esperienze: una conferenza, un format tv o un corso di formazione per insegnanti e operatori sanitari.
Fate il Nostro gioco nasce da un obiettivo e da una precisa convinzione. L'obiettivo è quello di svelare le regole, i piccoli segreti e le grandi verità che stanno dietro all'immenso fenomeno del gioco d'azzardo in Italia. La convinzione è che il modo migliore per farlo sia usare la matematica come una specie di “antidoto logico”, per creare consapevolezza intorno al gioco e svelare i suoi lati nascosti.
Win For Life, slot machine, videolottery, Superenalotto, Gratta e Vinci, lotto, poker, bingo, roulette, scommesse sportive. Tutti sanno bene cosa sono, e basta accendere la tv o sfogliare la propria rivista preferita per farsi incantare dalle promesse di vincite milionarie. Nonostante la popolarità di questi giochi, però, sono in pochi ad avere un’idea anche solo vaga delle dimensioni del fenomeno. E qui basta un numero a fare bingo: 80. Sono i miliardi di euro che nel 2011 gli italiani hanno speso nel gioco d’azzardo: circa il 30% in più dell’anno precedente e oltre il 400% in più rispetto al 2003. Questo vuol dire che in media ogni italiano, neonati compresi, ha sborsato in un anno 1300 euro per tentare la fortuna.
Ecco: la fortuna. Chi di noi, almeno una volta, non ha creduto al sogno di incontrarla per caso e cambiare vita? Un sogno low cost, la piccola spesa per l’acquisto di un biglietto. Ma quanto è davvero a portata di mano, questo sogno? Quali false credenze influiscono sulla propensione al gioco? Quante informazioni sono concesse al giocatore?
Da queste domande è nata nel 2009  questa esperienza di Fate il Nostro Gioco.
Vi propongo qui di seguito un filmato  di un’intervista che i fondatori del progetto , hanno sostenuto all’ interno del programma televisivo Cosmo su rai3. È interessante la sua visualizzazione perché vengono date delle  informazioni incredibili, di cui “noi umani” non possiamo nemmeno immaginare, la matematica ci svela dei risultati che la nostra mente tante volte non calcola e non prende in considerazione ma è fondamentale che queste informazioni vengano divulgate il più possibile tra la gente, il passaparola è un canale informativo e comunicativo che non passerà mai di moda!!!!!!



venerdì 27 dicembre 2013

Online Now

Anno: 2012

Durata 12 minuti

Regia di: Pocket Jacks




Trama:


Online Now è un cortometraggio che mostra luci ed ombre dell'utilizzo moderno dei Social Network: relazioni casuali, approcci amorosi, incontri in ascensore, fino ad arrivare all'estremo ossia il tentativo di un suicidio scongiurato proprio dai social.







Riflessione: 


Questa tipologia di cinema può avere un ruolo sociale positivo per mostrare gli effetti collaterali che un utilizzo sbagliato dei nuovi metodi di comunicazione può comportare. La critica sottolinea come sia importante capire che la condivisione della propria vita online parta prima di tutto dal soggetto che decide di iscriversi al social network e non dal social network che fagocita le persone in maniera automatica. Ciò che preme di più dimostrare è che di per sè questi social network, come tutte le dipendenze, non sono nocive se utilizzati in maniera consona. Sarà fondamentale dunque educare le nuove generazioni su quali tipologie di contenuti è più opportuno condividere e quali no, cosa decidere di mostrare al pubblico e cosa tenere riservato.





Proposta....internazionale!

Per la prima volta in Italia le nuove dipendenze derivanti dal web saranno dibattute e analizzate da alcune delle più competenti figure al mondo, il 21 e 22 marzo 2014 presso l’auditorium San Fedele di via Hoepli 3/b a Milano. 

Il congresso internazionale, organizzato da ESC Team, vedrà partecipare nomi illustri come Kimberly Young e Zygmunt Bauman.

Il programma prevede sessioni plenarie e simposi con numerosi interventi di relatori arrivati da tutto il mondo venerdì 21 e sabato 22 marzo. Questi incontri daranno inoltre la possibilità di acquisire crediti formativi per gli studenti universitari e crediti ECM per medici, psicologi, educatori e tecnici della riabilitazione psichiatrica. 
Il congresso è aperto al pubblico, previa iscrizione all’indirizzo mail team@escteam.net o al numero 02.43511600 e versamento della quota in relazione al profilo professionale e alla data di iscrizione. 


“Siamo lieti di poter organizzare e presiedere quello che si preannuncia come un appuntamento storico per la ricerca sulle dipendenze dal web”,spiega Paolo Antonio Giovannelli, direttore dell’ESC Team, “mai in Italia si sono riuniti così tanti specialisti del settore e con competenze così elevate. Questa sarà un’occasione importante che siamo contenti di essere riusciti a portare nel nostro Paese.”



Per maggiori informazioni: http://www.escteam.net/

lunedì 23 dicembre 2013

Viol@


Paese di produzione: Italia

Anno: 1998

Durata 90 minuti

Genere: drammatico/erotico

Regia di: Donatella Maiorca




Trama:

Marta dietro il nickname di Viol@ decide di provare l’ebbrezza del sesso virtuale. Il suo interlocutore, un misterioso personaggio di nome Mittler, sembra in grado di compiacerla a tal punto da manovrarla in tutto e per tutto, anche nella vita al di fuori del computer. Marta entra dunque in un circolo vizioso ma il gioco condotto dal suo interlocutore sembra crearle molti problemi sia sociali che relazionali, tanto che il suo cane Oliver muore a causa della sua irresponsabilità.
Questo porta Marta gradualmente a volersi liberare dalla trappola del computer, volendo scoprire cosi chi è realmente il suo interlocutore.





Riflessione:

Il cybersex non sempre viene considerato una dipendenza, varia a seconda delle modalità e della frequenza con cui viene esercitato.
Nel caso di Marta questa pratica viene esercitata fino ad arrivare all’estremo; essa infatti giunge a non avere più un contatto razionale con la realtà circostante.


Provocazione:

Se in questa società tutto è basato sulla tecnologia, anche per l’atto sessuale  la strada della tecnologia è davvero quella giusta? Cosa comporta nascondere dietro uno schermo un atto in realtà molto intimo e corporeo?




domenica 22 dicembre 2013

Mi gioco la vita. Mal d'azzardo: storie vere di giocatori estremi di Silvana Mazzocchi






·         Titolo: Mi gioco la vita. Mal d'azzardo: storie vere di giocatori estremi
·         Autore: Silvana Mazzocchi
·         Editore: Dalai Editore
·         Data di Pubblicazione: Settembre 2005
·         Reparto:  Gioco d'azzardo

Silvana Mazzocchi, autrice del libro,è inviato speciale di«Repubblica». Giornalista e scrittrice, è autrice di vari libri di successo, tra cui: Mostro da niente (1992); Nell’anno della Tigre. Storia di  Adriana Faranda (1994); e, con Andrea Purgatori, Il bello della rabbia (1997), pubblicati per Baldini Castoldi Dalai editore. Mi gioco la vita è l’ampliamento del libro Vite d’azzardo (2002).
Il libro può essere inteso come STORIE di vita vissuta, una lente di ingrandimento sulla sofferenza di chi è rimasto "intrappolato tra le spire del gioco d'azzardo" e di chi è riuscito a liberarsi dalla dipendenza.
Un argomento trattato con la dovuta delicatezza attraverso una grande raccolta di testimonianze, dirette e documentate, che l'autrice comunica con chiarezza, offrendo al lettore una visione emozionante di quella realtà "altrimenti difficile da conoscere e a volte impossibile da capire". Dedicare la lettura a questo libro significa avvicinarsi alla vita vissuta , una sorta di fotografia spontanea sulla realtà, lasciando spazio al potere evocativo che solo la narrazione dell’umana sofferenza possiede. Il lettore è coinvolto in queste pagine, anche per l’emozione e l’intensità con cui viene descritto il viaggio interiore, nell’ esistenza di chi è rimasto intrappolato nel gioco d’azzardo. Grazie alla raccolta di testimonianze dirette e documentate l’autrice riesce a tradurre la voce viva dei protagonisti, offrendo al pubblico la possibilità di udire il racconto vero e diretto delle persone che hanno vissuto nell’ ombra e nell’ inferno della dipendenza, propria o di una persona cara. Il libro ha il potere di lasciar intravedere anche la speranza, la rinascita delle  persone grazie alla terapia. 
Sono testimonianze di cambiamento possibile , il ritrovare finalmente il piacere e la felicità delle e nelle relazioni umane. Questa lettura viene consigliata perché a differenze di altre, più fredde e a carattere di analisi psico- sociologiche , qui si parla di emozioni e di coinvolgimento.



Hello Denise


fff
Titolo: Hello Denise
Nazione: USA
Anno: 1995
Durata: 91
Genere: GROTTESCO
Regia: Hal Salwen

Serie di storie paradossali in cui tutte le comunicazioni avvengono attraverso media (telefono, cellulare, fax, computer) senza che vi sia alcun contatto diretto. La protagonista, Denise, cerca di contattare il padre biologico del bambino che sta per avere, che le aveva anonimamente donato lo sperma. Un'altra coppia senza mai conoscersi personalmente inizia una relazione fatta di sesso virtuale. Frank, altro personaggio del film, stanco di questo continuo parlarsi senza incontrarsi, decide di fare un party per il Capodanno. Denise arriva e suona invano al campanello..Frank aprirà o la paura di avere il minimo contatto veramente umano gli impedirà di farlo?

Riflessione: Riusciranno i nostri amici a convivere con le confortevoli e insidiose tecnologie del secolo futuro?

Questo film, sebbene del 1995, riesce a cogliere con intelligenza uno dei problemi che invadono la nostra società: l'incapacità di misurarsi in relazioni amichevoli o sentimentali con persone in carne e ossa, quindi con la realtà. Le successive innovazioni tecnologiche hanno accentuato e aggravato il fenomeno.

Provocazione: quale sara il futuro dei nostri figli? Come si svilupperanno le relazioni? Saremo ancora capaci di entrare in contatto con l'altro o ci chiuderemo sempre di più dietro ad uno schermo?

sabato 21 dicembre 2013

Proposta di lettura!


Oggi abbiamo pensato di proporvi un libro relativo alle nuove dipendenze. Potete leggere di seguito una piccola introduzione.


Titolo: Psicopatologia web-mediata. Dipendenza da internet e nuovi fenomeni dissociativi
Autore: Federico Tonioni
Editore: Springer
Data di pubblicazione: 2013
Pagine: 186


Internet ci può far male? L’unica risposta sensata è “dipende”. Da chi siamo, da come lo usiamo, dagli strumenti cognitivi e dalle competenze emozionali che abbiamo a disposizione. Più facile rispondere ad una seconda domanda: internet ci cambia? Certamente sì. Ecco perché questo saggio, apparentemente un manuale per addetti ai lavori, è una lettura utile non solo per i professionisti cui si rivolge - psichiatri, psicologi, educatori - ma per chiunque di noi si interessi alla realtà che ci circonda.
Esperto di dipendenze patologiche e responsabile di una delle poche strutture in Italia dove si trattano le dipendenze da internet, Federico Tonioni va ben oltre i suoi giovani pazienti immersi in un universo virtuale. Affrontando il web per quello che è, una rivoluzione cognitiva che sta cambiando non solo la nostra visione del mondo, ma anche il modo in cui ciascuno di noi vive e sviluppa la propria immagine e la propria identità. E anche l’esperienza di dissociazione di cui parla Tonioni: quella che sfioriamo quando ci immergiamo in un’ esperienza virtuale emotivamente coinvolgente chattando o giocando on line, e che si manifesta in termini clinici, quando attraverso la rete si creano forme di dipendenza da gioco o sesso.
L’autore analizza senza pregiudizi l’era digitale in cui viviamo, cercando di vedere come il cyberspazio interagisca con la nostra realtà. Perché accanto a conseguenze negative ci sono casi in cui la rete crea socialità, accresce competenze, aiuta a superare il disagio. Il che non ne fa uno strumento neutrale, visto che la divisione tra i nativi digitali e noi adulti “immigrati digitali” più o meno competenti sembra destinata ad acuire l’eterna distanza tra genitori e figli adolescenti.
Proprio per fornire ai lettori una base di conoscenze comuni, Tonioni approfondisce i concetti base di dipendenza ma anche la storia di internet e dei suoi prodotti, difficile da “fermare “ in un saggio perché in continua, frenetica evoluzione.

Buona lettura!

giovedì 19 dicembre 2013

La solitudine del "numero di Dunbar"

Facebook risulta essere oggigiorno uno dei siti più visitati al mondo.
Nato nel febbraio 2004 ad opera di Mark Zuckerberg, nel 2012 ha registrato l'iscrizione di ben 1 miliardo di persone. Lo Stato in cui si evidenzia il maggior utilizzo è l'U.S.A, seguito da Indonesia, Messico, India, Brasile.
Inizialmente questo social network è stato ideato per facilitare la socializzazione tra gli studenti dell'Università degli studi di Harward. Ben presto però, dato il successo inatteso, si decise di estendere il suo utilizzo anche nelle università vicine, prime fra tutte Stanford University e Ivy League. Nelle università americane, e in ritardo come sempre anche ormai in quelle italiane, è in voga l'usanza di costituire un elenco di tutti gli studenti iscritti con il nome e la relativa foto che li identifica. Socializzazione è ormai la parola chiave del social network, pane quotidiano per gli iscritti e per coloro che lo utilizzano. Questo termine significa “realizzare un giusto equilibrio tra ogni singolo soggetto e il gruppo cui appartiene; divenire membro di una società di individui” . Ma che significa per i più giovani socializzare “in rete”?
Significa sostanzialmente stringere amicizia. Un'amicizia virtuale nata da una richiesta, proveniente da una qualsiasi parte del mondo, e da una successiva conferma il più delle volte non motivata (basti pensare che molte persone hanno un profilo privato o personalizzato e che molti iscritti non condividono una foto profilo personale). L'importante è cliccare e aggiungere un +1 alla lista di “amici” già ormai ricca.

Interessante a tal proposito risulta essere la teoria del “numero di Dunbar”. E' “un limite cognitivo teorico che concerne il numero di persone con cui un individuo è in grado di mantenere relazioni sociali stabili, ossia relazioni nelle quali un individuo conosce l'identità di ciascuna persona e come queste persone si relazionano con ognuna delle altre”. Studi e ricerche sociali e antropologiche hanno affermato che le dimensioni di una rete sociale in grado di sostenere relazioni stabili sono limitate a circa 150 membri. Tale numero pare rimanga invariato anche nell'epoca dei social network e delle amicizie online. Ciò significa che noi dovremmo avere in facebook al massimo 150 amici. Come spiegare, io per prima, gli innumerevoli stati, foto, commenti, condivisioni di post di persone che noi chiamiamo “amici” che occupano la nostra bacheca? Perchè questa fame di amici virtuali che poi, realmente, nemmeno conosciamo? Ci interessano veramente queste ipotetiche amicizie o sono solo possibili “cliccatori di mi piace” ad una foto in costume?

martedì 17 dicembre 2013

Programma di cura per il cybersex


ll primo passo per curare il cybersex è conoscere la persona che porta il proprio disagio. Su richiesta, se il paziente è d’accordo, è possibile incontrare suoi amici e famigliari per ascoltare il loro punto di vista ed educarli su quale sia il modo migliore per affrontare il disagio.

Il secondo passo è la comprensione   diagnostica: in relazione all’unicità di ogni situazione si esegue l’approfondimento psicodiagnostico specialistico basato su test internazionali mirati. Subito dopo terapeuti e operatori che operano all'interno di un determinato servizio definiscono, assieme alla persona, un programma terapeutico personalizzato. L'equipe della struttura si confronta garantendo un processo di cura integrato.

Una bellissima citazione sul concetto di cura riguardante la dipendenza da web e la seguente: “Per curare le dipendenze senza corpo quali sono le dipendenze da internet, bisogna saper integrare il meglio delle scoperte neuro-cognitive d’avanguardia con l’antica saggezza emotivo-affettiva con abilità delle tecniche terapeutiche  e mediazione corporea (P. Giovannelli 2010). A tal proposito infatti, ecco un elenco di opzioni di terapia che solitamente vengono effettuate

  1. Colloqui psicologici di supporto;
  2. Riabilitazione emotivo-affettiva;
  3. Supporto ai famigliari;
  4.   Psicoterapia;
  5.   Gruppo delle relazioni interpersonali;
  6.  Supporto psicofarmacologico;
  7.   Mindfuness;
  8.   Ricovero in ambiente protetto.

La persona sarà costantemente coinvolta in tutte le scelte o fasi del programma


lunedì 16 dicembre 2013

L'albero delle relazioni

"Due sono le cose che i genitori devono fornire ai loro figli: radici e ali" J. W. von Ghoete

La comunità della Valdinon si ritrova già alla seconda edizione del percorso dedicato a genitori, futuri genitori ed educatori: "L'albero delle relazioni".
Attraverso una serie di incontri tematici questa comunità vuole promuovere e offrire ai genitori opportunità di incontro e di arricchimento al fine di poter essere ben preparati e supportati nel grande compito qual'è l'educazione dei figli.
In particolare vorremo attirare la vostra attenzione sull'incontro "La solitudine dei figli nell'era digitale-le nuove dipendenze"; in quest'occasione gli esperti Serena Valorzi, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e formatore centro Erikson e Michele Facci, laureato in psicologia e formatore centro Erikson, tratteranno il tema delle new addictions.
Nel dettaglio affronteranno questa tematica "blog, chat, social network: luoghi d'incontro per i giovani o espressione di solitudine?"

La serata informativa si terrà Venerdì 21 febbraio 2014, alle ore 20:30 presso la sala polivalente del comune di Sfruz.


L'ingresso è gratuito.
Accorrete in tanti..facciamoci trovare preparati dai nostri figli!

Qui sotto vi riportiamo il link della locandina completa delle diverse serate, individuate quelle più vicine alla vostra realtà quotidiana!

http://www.comunitavaldinon.tn.it/content/download/96209/1761352/file/albero_relazioni2013-2014.pdf


domenica 15 dicembre 2013

La febbre del gioco

Poco più di un milione di studenti italiani delle scuole superiori dice di aver giocato soldi almeno una volta nel corso del  2009,  e  sono  i maschi  a giocare di più rispetto  alle femmine.  
Nell'ultimo decennio si è assistito ad un incremento del numero di studenti coinvolti nel gioco d’azzardo e, sebbene in Italia sia vietato ai minori di 18 anni, nel  2009  circa 420.000  studenti e 250.000 studentesse minorenni hanno giocato d’azzardo.
Tra i giochi preferiti dai giovani di entrambi i generi risulta in pole position :il Gratta e vinci, seguito dalle Scommesse Sportive e Lotto/Superenalotto,invece tipicamente  maschili risultano essere le macchine da gioco elettroniche.  
La linea che divide il gioco semplice a banale ,dal gioco invece d’azzardo è sottile, ci si può trovare nel giro di pochissimo tempo a diventare giocatori assidui e patologici. È solo negli ultimi anni che il gioco d’azzardo è stato riconosciuto come malattia mentale, chiamato nella moderna classificazione medica: GAP. Questa realtà è una tematica di estrema rilevanza ad oggi, anche e soprattutto per il carattere sociale che sta avendo. Si aprono così prospettive politiche e  azioni di prevenzione e si propongono delle misure più restrittive, per quanto riguarda la pubblicità del gioco. le scelte di prevenire sono doverose da  fare ma necessarie, in quanto la ludopatia coinvolge attualmente 1 milione di persone in Italia, 300.000 sono i giocatori a rischio e 170.000 gli adolescenti (dati resi pubblici da Marco Polizzi , presidente dell’associazione Primo Consumo ).
Vi riporto qui sotto una ricerca condotta da CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo)


Osservando la società: fotografia del gioco d’azzardo in Italia
Il settore del gioco d’azzardo è la terza industria in Italia per fatturato. Nel 2011 sono stati raccolti 79,9 mld di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2010. Si noti che a fronte di un aumento esponenziale della raccolta nell'ultimo decennio, le entrate erariali dal gioco d'azzardo sono rimaste pressoché invariate. A trainare il settore dei giochi ci sono le Newslot e le VLT (Video Lottery) che, nel 2011, hanno incassato 41,6 mld, seguite da Lotto e Lotterie, con un introito di 19,4 mld di euro.
Figura 1: Raccolta totale ed entrate erariali del gioco d'azzardo in Italia (dati in milioni di Euro, fonte AAMS)

Andando ancora più indietro nel tempo, dal 1990 la raccolta è aumentata dell’810% ed il peso del comparto del gioco nell’ economia italiana è passato dallo 0,6% del PIL del 1990, sino al 5% stimato per il 2011. Tuttavia nello stesso periodo il PIL è aumentato soltanto dell’11,1%.
Se si considera il dato ancora più significativo della spesa per il gioco d'azzardo (ottenuta sottraendo alla raccolta le vincite restituite ai giocatori), l'Italia è ai primi posti al mondo per spesa assoluta, e addirittura al secondo posto (dopo l'Australia) per spesa rispetto al PIL. Nel 2011, la spesa per gioco d'azzardo in Italia è stata pari allo 0.87% del PIL, ovvero una percentuale molto vicina a quella che lo Stato italiano investe per l'Università e la ricerca scientifica.
Tabella 1: Spesa per gioco d'azzardo nel 2011 e percentuale rispetto al PIL (fonte [5])

Il guadagno facile e la mancata richiesta di particolari abilità diventano miraggio per troppi italiani. Secondo una Ricerca del CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo) è stimato che in Italia vi siano 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l'11% di giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, di cui i due terzi spendono oltre 1.200 euro al mese.
Anche la popolazione giovanile, persuasa anche dalla pervasività delle campagne pubblicitarie (si veda ad esempio Figura 2), si rivela molto sensibile al fascino del gioco. In Italia gioca saltuariamente il 47% degli studenti fra i 15 ed i 19 anni. La maggior parte degli studenti “giocatori” (67,5%) ha un profilo di gioco “non a rischio”; quasi il 22% presenta un profilo di rischio basso, mentre circa l'11% presenta un profilo di rischio moderato-grave .
Figura 2: Testimonial di grido e messaggi semplici ed efficaci. Ma è proprio vero che “è più semplice vincere che giocare”?


sabato 14 dicembre 2013

Cellularomania!

I giovani di oggi sono abituati a usare strumenti tecnologici fin da bambini: siamo entrati nella generazione dei “nativi digitali”.
Come gli altri strumenti di comunicazione anche il cellulare rappresenta un mezzo tecnologico di crescente utilizzo ma, come dimostrano recenti e numerosi studi, è anche un oggetto verso il quale si può sviluppare una vera e propria forma di dipendenza. 
Parallelamente alla crescita nell'uso si assiste infatti all’incremento di casi di quella che, in alcuni paesi, è già diventata una “malattia sociale” e che è stata definita “telefonino-dipendenza”, “cellularomania” o “cellulare-addiction”.
La dipendenza dal cellulare può distorcere alcuni elementi fondamentali nella vita di ogni persona. Cerchiamo quindi di informarci e conoscere le conseguenze di un cattivo utilizzo del cellulare; osserviamo alcuni principali rischi:

  • Il cellulare può diventare uno strumento per gestire abitualmente le relazioni. In tal modo è possibile che la “comunicazione telefonica” diventi un sostituto della “comunicazione reale , che lo strumento tecnico finisca per sostituirsi alla realtà.

  • Il contatto-distacco può finire per far idealizzare il referente delle comunicazioni telefoniche o via sms, sulla base di meccanismi di proiezione di desideri che possono innescarsi facilmente su comunicazioni fatte di brevi conversazioni o di pochi caratteri. 

  • Il cellulare può sviluppare relazioni esclusivamente legate alla sfera mentale-emotiva, che alimentano una frammentazione e un disconoscimento del corpo come irrinunciabile mezzo di contatto nelle relazioni interpersonali.

  • Il cellulare può accelerare eccessivamente alcuni processi di distacco emotivo che prima avevano tempi più “umani” rispetto a quelli tecnologici offerti dal telefono mobile, nel corso dei quali gli irrinunciabili scambi faccia-a-faccia potevano portare a riflessioni importanti, oggi talvolta impossibili.

  • Il cellulare può generare una mancanza della possibilità di sperimentare la dimensione del lutto e la sua possibile elaborazione, una esperienza centrale per la differenziazione tra “mondo interno” e “mondo esterno” che, soprattutto fra i giovani, può rendere confusi e persino “fusi”, con possibili conseguenze negative sulla capacità di mentalizzazione e di interiorizzare l’altro attraverso la rappresentazione fantastica della realtà.